SMART WORKING: curiosità e riferimenti normativi

SMART WORKING: curiosità e riferimenti normativi

Lo “Smart Working”, anche grazie alla situazione causata dal Coronavirus, è ormai una parola che tutti conoscono. Ma il trend del così detto “lavoro agile” è in crescita già da alcuni anni, come testimoniato dalle indagini svolte dall’ Osservatorio Digital Innovation della School of Management del Politecnico di Milano. Infatti, almeno il 58% delle grandi imprese ha utilizzato, o sta utilizzando, lo smart working. Nelle PMI il dato è in crescita, seppur in maniera inferiore in termini di valore assoluto, con le aziende che prediligono una modalità di lavoro più tradizionale, forse anche per via della natura produttiva che le caratterizza.

Ma chi sono gli smart worker? Con un numero che nel 2019 ha toccato le 570mila unità, presumibilmente in netta crescita nel 2020, questa “categoria” è formata da quei dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro. Il requisito è, ovviamente, la padronanza dell’utilizzo dei moderni strumenti tecnologici, per poter lavorare in modalità agile senza inficiare la produttività.

I vantaggi? Sono molti e si riflettono tutti nel livello di soddisfazione e coinvolgimento verso il proprio impiego: ben il 76% si dice soddisfatto della propria professione (contro il 55% dei dipendenti “tradizionali”) e condivide ampiamente i valori e gli obiettivi aziendali.

Come sono tutelati gli smart workers? In Italia lo smart working è regolato dalla legge numero 81 del 22 maggio 2017 che sancisce quali sono i diritti e i doveri del lavoratore e ne da una definizione precisa: lo smart working è una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. E’ dunque evidente come questa definizione rivoluzioni la tradizionale organizzazione del lavoro, eliminandone le tipiche limitazioni spaziali e temporali, a favore della flessibilità. Ma questa nuova condizione porta con sé anche il rischio che l’attività lavorativa superi i confini del normale orario settimanale, trasformando la flessibilità in una richiesta di sconfinata adattabilità. A scongiurare questo rischio ci pensa il legislatore, con l’obiettivo di conciliare la vita privata dei professionisti e gli obiettivi produttivi dell’azienda. Si legge infatti nella norma che “la prestazione lavorativa viene eseguita entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva”; precisando inoltre che “Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato […] nei confronti dei lavoratori che svolgono le “medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda.

Quali vantaggi e quali rischi porta con sé il lavoro agile?
Per rispondere a questa domanda, ci viene nuovamente in aiuto l’Osservatorio del Politecnico di Milano. Dalle rilevazioni effettuate, i principali vantaggi emersi sono il miglioramento dell’equilibrio fra la vita privata e quella professionale, con risvolti positivi sia sulla motivazione che sul coinvolgimento dei dipendenti. Il rovescio della medaglia c’è, ed è stato identificato principalmente in fattori quali la percezione d’isolamento e le fonti di distrazione. Gestirsi in autonomia non è infatti un compito così semplice, specialmente quando non si è abituati a farlo. Da un punto di vista operativo, c’è poi un limite insito nella tecnologia; non sempre tutto funziona correttamente, ed ecco che i problemi di connessione e quelli di comunicazione virtuale possono inficiare i benefici dello smart working. Ma torniamo alla normativa.

Come è disciplinato il lavoro agile in termini di sicurezza? In linea generale, spetta sempre al datore di lavoro garantire la sicurezza del lavoratore. A tal proposito, la legge 81/2017 stabilisce che “il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa”. Ma le particolari modalità di lavoro agile hanno spinto il legislatore a specificare che “il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali”. Dal canto suo, Il lavoratore “è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali.” L’articolo 23 della Legge definisce inoltre che il lavoratore ha il diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il percorso tra l’abitazione ed il luogo in cui egli svolge la prestazione all’esterno dei locali aziendali, quando la scelta del suddetto luogo sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità, nel rispetto dei criteri di ragionevolezza.

 

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